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Musica Al Cinema parte 2

Dopo la prima parte sui film dedicati a personaggi che hanno fatto la storia della musica ( visibile QUI), andiamo avanti con la carrellata dedicata a trasposizioni cinematografiche della vita di alcuni tra i più grandi musicisti.


LAST DAYS


Nel 2005 a undici anni dalla morte di Kurt Cobain, il regista americano Gus Van Sant va a chiudere la sua trilogia sulla morte ( Gerry ed Elephant i precedenti due ) con la ricostruzione degli ultimi giorni della vita del leader dei Nirvana. Non essendo in possesso dei diritti per la realizzazione di un film ufficiale su Cobain, Van Sant utilizza nomi di fantasia per i suoi personaggi e non inserisce alcuna canzone dei Nirvana nella colonna sonora del film, ma la somiglianza di Michael Pitt con Kurt e l'ambientazione del film, una casa in riva a un lago come quella in cui ha trovato la morte il cantante di Seattle, sono segnali impossibili da non riportare a Cobain.
È un film alienante e monotono, non racconta la storia dell'artista ma solo la visione esterna di una persona ormai abbandonata a se stessa e alle sue manie, e i piani sequenza utilizzati incessantemente a seguire ovunque Pitt non fanno altro che aumentare questo senso di alienazione.
Da sottolineare la prova di Michael Pitt che si immerge totalmente nell'isolamento emotivo di un Cobain ormai arrivato alla fine, e che la fine la troverà per sua stessa mano. Ottima anche la canzone che Pitt ci dona, Death To Birth, che riporta alla mente una qualsiasi delle canzoni dell'Unplugged in New York dei Nirvana.




RINO GAETANO – MA IL CIELO E' SEMPRE PIU' BLU


Passiamo in Italia, il cinema diventa tv, il film diventa fiction. La storia della vita di Rino Gaetano, uno dei più grandi artisti che siano passati per il nostro paese. Il cantautore calabrese morto in un incidente d'auto a Roma il 2 Giugno 1980 a 31 anni è interpretato da Claudio Santamaria, che diciamolo subito è probabilmente l'unica cosa salvabile dell'intera fiction. Lo sforzo compiuto dall'attore nel reinterpretare tutte le canzoni presenti nel film è da apprezzare, ma è totalmente da stroncare tutto il resto dell'opera. Una fiction che non ha fatto altro che creare polemiche prima, durante e dopo la messa in onda, polemiche create direttamente da persone vicine al cantante di Crotone, la sorella Anna in primis. La stessa sorella che aveva collaborato alla realizzazione della fiction, si è completamente dissociata dalla ricostruzione che la stessa offre di Rino. La sorella critica soprattutto come è stato rappresentato il rapporto con il padre, definito da lei ottimo, e il rapporto con l'alcool, senza scordare l'eliminazione nella fiction del personaggio della sorella stessa che fu figura importantissima nella vita di Rino ( è lei la Gianna della canzone). Inoltre fa acqua da tutte le parti anche la ricostruzione storica delle vicende di Rino Gaetano. Con una storia del genere e un personaggio che sono più di trent'anni che viene imitato e omaggiato da tutti i migliori artisti del nostro paese, si poteva e si doveva fare molto di più.



IO NON SONO QUI

Già regista di Velvet Goldmine, quindi già avvezzo a portare la musica al cinema, il regista Todd Haynes porta in scena la vita di Bob Dylan. Anche qui niente diritti per la realizzazione ufficiale di un film sulla vita del menestrello del Minnesota, ma questa volta totalmente approvato dall'artista stesso.
Il regista si cimenta in un particolarissimo modo di raccontare la vita di Bob Dylan. Viene divisa in sei capitoli ben distinti, interpretati ognuno da un attore diverso, e montati tra loro andando a mescolare diversi stili, dal documentario al road movie, fino a tributare il cinema francese. Ovviamente il nome di Bob Dylan non è mai presente nel film e ogni personaggio ha un nome diverso che riporta a diversi momenti della vita del cantante folk.
Marcus Carl Franklin impersona Woody Guhtrie. Guhtrie era un musicista che ha ispirato Bob Dylan all'inizio della sua carriera e il nome viene scelto appositamente per raccontare un giovane Dylan ossessionato dalla musica del Bluesman. Christian Bale interpreta due ruoli, quello di Jack Rollins un cantante folk che è l'immagine del Dylan iniziale nel suo periodo acustico, e il ruolo di John Il Pastore che narra una parte più avanzata della vita del cantante con la sua conversione al cristianesimo. Il compianto Heath Ledger impersona Robbie Clark un attore che interpreta la vita di Jack Rollins e che si sta separando dalla moglie, il periodo raccontato è quello di Blood on the Tracks e dello stesso periodo è il divorzio di Dylan dalla moglie Sara. Richard Gere è Billy the Kid nome perso dall'omonimo film in cui Bob compariva e di cui curò la colonna sonora, è un emarginato fuorilegge ( così si definì lo stesso Dylan al tempo ) appassionato di musica country. Il tutto viene unito da Ben Whitshaw che interpreta Arthur Rimbaud, nome preso dal poeta Rimbaud spesso citato da Dylan come ispirazione per i suoi testi, questa parte è una sorta di intervista in cui Whitshaw risponde con vere risposte date da Bob Dylan durante le interviste in oltre cinquant'anni di carriera.
Ma a emergere dal coro è una meravigliosa Cate Blanchett che impersona Jude Quinn. Il periodo perso in oggetto è il 1965 – 66 gli anni della svolta elettrica di Bob Dylan, la sua scelta più criticata specialmente dai fan della prima ora. L'essere così poco Dylaniana della Blanchett è quello che rende la sua interpretazione ancor più stupefacente.
Un mosaico di immagini, mescolate tra loro a raccontare una delle più grandi carriere nella musica moderna, oltre che uno dei racconti più fedeli all'originale che il cinema ha restituito in ambito musicale. 


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